Cosa fare?
23 Mar 2021 - Adolescenti, Covid19, GenitoriFateAttenzione, PassidiSperanza
Proviamo ad ascoltare le nuove generazioni.
Proviamo ad ascoltare le loro parole, i loro silenzi, i loro “agiti” a volte anche violenti, impregnati di rabbia e di tensioni. Proviamo ad ascoltarli fino in fondo.
Cerchiamo per loro e con loro spazi e tempi, professionisti validi, in grado di sostenere e accompagnare i passi dei nostri figli. Là dove compaiono sintomi quali ansia, aggressività, rabbia… proviamo ad intervenire.
Accorgersi e intervenire con tempestività vuole dire aiutare i ragazzi a non perdere la speranza, a rimanere attivi, a mettere in campo le loro risorse migliori e personalissime per reagire e affrontare con decisione il problema.
Vuole dire offrire loro strumenti e strategie utili, in grado di aiutarli a fare fronte al malessere che sentono.
Aiutiamo i nostri figli ad attivare tutta la creatività necessaria per continuare a giocare questa “lunga partita” con resilienza e uscirne carichi di entusiasmo e speranza verso il futuro che sta loro davanti.
In questo tempo di emergenza che ormai si estende, tra pause e riprese, da un anno, è stato detto e ridetto più volte che i ragazzi e gli adolescenti, da un punto di vista psicologico ed emotivo, sembrano essere coloro che, insieme agli anziani, stanno scontando il prezzo più alto di quello che sta avvenendo.
Un nuovo stop alla scuola, alle relazioni sociali “dal vivo”, la sospensione delle attività sportive e di tutti quei “rituali”, vissuti nello spazio informale dell’aggregazione spontanea, che caratterizzano proprio la vita dell’adolescente e la fase di sperimentazione e socializzazione propria di questa età, stanno pesando parecchio sul benessere psichico ed emotivo dei più giovani, provocando cadute depressive.
Da un lato la resilienza che le nuove generazioni hanno dimostrato nell’affrontare questa situazione critica sembra essere esemplare. I ragazzi padroneggiano la tecnologia in maniera eccellente e a loro non mancano molteplici abilità informatiche e nuovi linguaggi digitali, non mancano risorse e intuizioni preziosissime che li hanno aiutati a non sentirsi troppo soli, ma a mantenere relazioni e a stringere amicizie, a tenere vivi i rapporti, nonostante tutte le barriere fisiche imposte dal distanziamento sociale.
Dall’altra parte si nota, parlando con gli adolescenti o con i loro genitori, un crescente stato di malessere diffuso: si rilevano sintomi da stress, i ragazzi riportano sensazioni di angoscia, di mancanza d’aria e un senso di “soffocamento” a volte insostenibile.
I genitori, a loro volta, rilanciano la preoccupazione per aver constatato nei loro figli una significativa alterazione dei ritmi del sonno, con conseguente instabilità dell’umore e parecchia irritabilità che spesso cedono il passo a veri e propri scatti d’ira.
I ragazzi spesso esprimono il loro timore nei confronti dei genitori, attribuendo la colpa del malessere che avvertono allo “stare male in casa” e alle tensioni che si vivono quotidianamente, cioè leggono il loro disagio correlato ad un problema del genitore.
Insomma, siamo di fronte ad una sfida davvero complessa.
Allora ci chiediamo come adulti, come educatori e come genitori: cosa dobbiamo fare?
Come dobbiamo comportarci?
Di cosa dobbiamo accorgerci?
Come sta, veramente, nostro/a figlio/a?
Davvero noi adulti trasmettiamo agli adolescenti la nostra fragilità?
La letteratura clinica ci dice che l’adolescente di oggi, se da un lato si pone in modo spavaldo e temerario, dall’altro porta in sé delicatezza e fragilità, soprattutto in questo tempo così insolito e faticoso.
Gli adulti che hanno a che fare con le nuove generazioni (insegnanti, educatori, sacerdoti, psicologi, genitori ecc.), hanno il dovere di accorgersi delle fatiche che i ragazzi stanno affrontando; hanno il dovere di riconoscere i segnali che un ragazzo/a in difficoltà esprime attraverso le parole, l’agito e i silenzi che pone, per non trovarsi spiazzati davanti alle dinamiche che i nostri ragazzi mettono in atto e che noi non sappiamo decifrare fino in fondo per mancanza di attenzione, di energie, oppure perché distratti da altro o troppo concentrati su di noi e sulla nostra paura di affrontare la vita in questo momento.
Per vivere, gli adolescenti hanno bisogno che “gli adulti facciano gli adulti” e sappiano dare loro sostegno e accompagnarli con la giusta autorevolezza, non rinunciando al ruolo educativo ma sapendo indicare loro un percorso di crescita.
Soprattutto hanno bisogno che, con la loro stessa esistenza, gli adulti diano prova dell’interesse e del valore grande che la vita ha in se stessa, nonostante le sconfitte, le paure, le sofferenze e le prove inevitabili.
Come adulti abbiamo il compito di regalare ai nostri ragazzi cammini luminosi e sentieri di speranza accessibili e percorribili, soprattutto oggi, in cui tutto, a causa anche di questa pandemia, sembra diventato troppo precario.
In un tempo segnato dalla fragilità e dalla difficoltà a guardare avanti, a sognare e pensare ad un domani possibile, diventa vitale proporre ai più giovani esperienze in grado di permettere loro di non paralizzarsi davanti al pensiero su un domani che sembra incerto e indefinito. Quando parlo di esperienze penso a momenti di incontro e di confronto tra pari, anche da vivere a distanza, che possano aiutare i nostri figli a rielaborare tutto quello che hanno provato e vissuto, che permetta loro di narrare storie e recuperare frammenti di vita vissuta per ricomporre tutto in un grande mosaico capace di far loro immaginare, con creatività, il futuro, nuove strade da imboccare, da percorrere e nuovi ed entusiasmanti orizzonti da raggiungere.
Alcuni adolescenti, per esempio, mi dicono che una delle fatiche più grandi che hanno dovuto affrontare, specialmente in questa seconda fase della pandemia, durante questi ultimi lockdown ad intermittenza, è stata la mancanza di quegli spazi di relazione che l’Oratorio, ancora oggi garantisce.
Dire Oratorio è senz’altro indicare uno spazio fisico ma è anche dire una esperienza più ricca e profonda. Dire Oratorio, forse, per un adolescente è anche dire un po’ tutte le relazioni che in esso si incontrano, è ammettere, ad alta voce, il bisogno di sentire sostenute, accompagnate e considerate tutte le dimensioni della sua personalità, da quella relazionale a quella fisica ed intellettuale, da quella sociale a quella etica e spirituale.
Questa pandemia, che assume tutti i tratti del trauma collettivo che improvvisamente ci ha assaliti, trovandoci impreparati, non in grado di difenderci e da un anno a questa parte ha sovvertito la vita costringendoci a districarci tra restrizioni e divieti, forse, ha il “pregio”, se così si può dire, di risvegliarci e di permetterci di frenare un attimo, di rallentare un po’ la nostra “iperattiva corsa contro il tempo”, che toglie il fiato al nostro vivere quotidiano, e di riassettarci, facendo riaffiorare in tutti, non solo nei più giovani, il bisogno di ritornare in noi stessi per ritrovare la giusta dimensione del vivere e del vivere bene.
Questo brusco risveglio, forse, ci permette anche di andare all’essenziale delle cose e della vita, ci costringe un po’ al silenzio, alla solitudine e ci permette di scendere in profondità, di nutrire le nostre dimensioni più vere e, forse, ci permetterà anche di ritrovare alcune coordinate spingendoci ad impegnarci con entusiasmo per un domani migliore, più libero, più fraterno più umano.
Tag: Covid19