L’Oratorio ieri e oggi… Adolescenti: sfide e speranze

23 Lug 2025 - Adolescenti, Oratori

L’Oratorio ieri e oggi… Adolescenti: sfide e speranze

Negli ultimi anni, l’adolescenza è profondamente cambiata, lo sappiamo e lo ripetiamo spesso, lo vediamo nei volti concreti, nei comportamenti, nei silenzi e nelle urgenze dei nostri ragazzi.

Non sono più adolescenti che vogliono trasgredire le regole degli adulti per affermare la propria autonomia. Sono, come scrive Charmet, “figli del desiderio, non del dovere”, cresciuti in una cultura che promette tutto e subito, ma che spesso lascia soli. Vivono in una società iperconnessa, ma paradossalmente povera di legami reali. Per questo motivo, i nostri adolescenti hanno bisogno di adulti credibili, non perfetti. Hanno bisogno di comunità che li accolgano, non che li giudichino costantemente.

È proprio qui che l’Oratorio, strumento principe della nostra tradizione ecclesiale lombarda per la cura delle nuove generazioni, se ha il coraggio di rinnovarsi, può continuare ad essere uno spazio fondamentale per la vita di un ragazzo o di una ragazza di oggi. Certo, in un modo differente rispetto al passato, ma altrettanto decisivo. L’Oratorio: più di un luogo ricreativo e di svago. L’Oratorio: più di un luogo dove mangiare patatine e bere coca-cola.

L’Oratorio: più di un doposcuola che aiuta a fare i compiti. L’Oratorio: più di un posto dove dare due calci ad un pallone o dove scambiare due chiacchiere prima dell’obbligatorio incontro per diventare animatore.

L’Oratorio può essere un luogo che fa la differenza. Anzi, di più: può essere lo spazio in cui si vive e si propone di vivere “la differenza cristiana”.

Il cardinale Martini direbbe: “All’Oratorio si annuncia il Vangelo di sempre, ai ragazzi di oggi, per la Chiesa di domani”. Papa Francesco, nella sua esortazione apostolica “Christus Vivit”, ha scritto parole chiare per aprire nuove prospettive: “La pastorale giovanile deve assumere uno stile sinodale, che implica camminare insieme, valorizzando i carismi di tutti, in un dinamismo di corresponsabilità” -Christus Vivit, 206.

Camminare insieme ai giovani, ascoltarli, lasciarsi interrogare da loro: questa è la grande possibilità. L’Oratorio, per sua natura, è uno spazio dove questa dinamica può fiorire, se non ha paura di mettersi in discussione ascoltando e guardando veramente i “segni dei tempi”, superando le nostalgie di riproporre modelli ormai troppo passati. L’Oratorio degli anni ’80 non esiste più. È un mito che non ci porterà da nessuna parte. Rischia, anzi, di frustrare i nostri tentativi, riportandoci sempre a un confronto sterile con un passato che non tornerà, costringendoci a misurare tutto con i numeri—che spesso non tornano—o facendoci “perdere i pezzi” nell’affannosa ricerca di “eventi che spaccano” o di leader carismatici, a cui affidare l’Oratorio, che ci facciano fare “la più bella figura”.

Questa ricerca può lasciarci parecchio delusi e alimentare frustrazioni che ci fanno sentire sempre più inadeguati. Così, aumentano i confronti e le delusioni crescono.

Forse, oggi, l’Oratorio è uno sazio un po’diverso dove bisogna imparare a navigare nella complessità, senza ansie, non da soli, senza la fretta di semplificare tutto per ottenere risultati facili e immediati.

È uno spazio di relazione dove si cerca di coniugare la bassa soglia, cioè l’accoglienza di tutti, con l’annuncio del Vangelo come orizzonte.

L’Oratorio è uno spazio concreto e visibile, spesso l’unico gratuito per i ragazzi, dove possono giocare, incontrarsi, creare relazioni significative, esprimere sé stessi, sbagliare e vivere amicizie autentiche. Ma non basta che esista fisicamente.

Deve offrire una esperienza educativa e spirituale seria, incarnata e significativa, libera da esagerate aspettative, ma reale e capace di sognare orizzonti ambiziosi.

Un Oratorio capace di guardare i ragazzi negli occhi e dire loro: “Tu vali! Qui puoi essere te stesso! Qui puoi trovare le parole per dire cosa senti. Qui c’è qualcuno che ti sostiene e ti accompagna”.

Questo non significa riempirli di pesanti attività. Significa abitare con loro il tempo che ci possono dare, accettare le loro domande, anche quelle più scomode, senza “paura della paura” e del dubbio. Significa proporre un cammino di senso che non impone, ma invita. Una fede che non anestetizza il dolore che spesso gli adolescenti avvertono, ma lo attraversa con la forza delle relazioni tra noi e con Gesù. Ogni giorno sperimentiamo, a volte anche con un po’ di disagio, che i ragazzi oggi non cercano adulti troppo possessivi che li controllano, o che, imponendo loro un ruolo, diventano modelli irraggiungibili, ma adulti che li accompagnano. E accompagnare un adolescente significa stargli accanto senza invadere, essere presenti quando cade senza dire “te l’avevo detto”. Significa offrire una presenza stabile e non giudicante, che faccia spazio alla sua libertà, anche quando sembra sbagliare.

L’Oratorio può diventare il laboratorio concreto di questo stile educativo, dove si sperimentano relazioni vere, si impara il rispetto e si scopre, forse, che la vita ha senso solo se è donata. Dove l’annuncio del Vangelo, allora, non risuona come un obbligo, ma come una proposta di vita, bella e piena.

Certo, detto così, sembra quasi una ricetta… una ricetta pure non facile da mettere in pratica. In realtà, come sappiamo, le ricette in questo campo non esistono. Ma, se non ci lasciamo provocare un po’ e non mettiamo tutte le nostre risorse e energie in questa possibilità rischiamo di pensare che non è più possibile ripartire.

Certo, non vedremo subito i frutti, uno stile così richiede tempo e pazienza. I ragazzi ci metteranno, forse, alla prova. Ci sfideranno, a volte ci ignoreranno. Ma questo non deve scoraggiarci. L’Oratorio è chiamato a “rimanere”, a scegliere di non ritirarsi dalla promessa fatta alle nuove generazioni per paura di non essere popolari. L’Oratorio deve esserci anche quando altre agenzie educative si ritirano, perché forse è proprio questo che ci chiede il Vangelo: esserci, essere una “casa” aperta, anche quando i figli non entrano. Deve essere uno spazio di relazione dove chiunque possa tornare, anche dopo essersi allontanato.

Credo che questa dinamica non sia una questione di strategia, ma di stile educativo e pastorale di una comunità cristiana che ha il desiderio di dire, oggi, ai più giovani ciò che di più prezioso possiede: il Vangelo.

Poi, da questa consapevolezza, nascono anche i grandi interrogativi su come fare, su cosa fare, su dove andare, su come arrivare. Perciò, sì, dobbiamo pensare, dobbiamo studiare, dobbiamo progettare, fare rete e “dare fastidio”, fermi nella nostra volontà -che è il contrario di accettazione- di esserci evitando l’errore di credere che possiamo improvvisare, ma dobbiamo cercare e trovare insieme le vie più adatte per arrivare, in quel determinato luogo, al cuore di quei determinati ragazzi. Forse, come dice un grande sacerdote ed educatore, è davvero una questione di stile, sguardi, relazioni e di ascolto.

Forse, se sostenuto da educatori preparati e appassionati e comunità cristiane creative e desiderose di accogliere i bisogni e i desideri dei suoi ragazzi, l’Oratorio può fare davvero la differenza. Può essere lo spazio dell’incontro con Gesù nella vita concreta, fatta anche di partite a pallone, aperitivi con patatine e coca-cola, litigi, domande senza risposta e sogni grandi.

L’adolescente di oggi non è né più facile né più difficile di quello di ieri. È semplicemente diverso e ha bisogno di adulti disposti a mettersi in gioco, a lasciarsi interrogare e, forse, anche a lasciarsi cambiare. L’Oratorio ha una grande opportunità: non accontentarsi di essere un posto come tanti altri, un semplice “luogo ricreativo e di svago”, ma diventare uno spazio vocazionale, dove ognuno possa scoprire chi è, a cosa è chiamato e quanto vale agli occhi di Dio.

È una avventura grande, ma forse è anche il compito più bello che ci sia. Noi ci siamo!

Mettiamoci la testa insieme!

Stefania


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